martedì 8 settembre 2009

Moby Dick (120-130)

Eccoci nel pieno della follia. Come avevamo già scritto in precedenza, Moby Dick è una sorta di cuore di tenebra...
Achab se ne è reso conto e dà voce a Pip, il componente dell'equipaggio che, accusato di vigliaccheria, impazzì.
Cosi Achab praticamente gli consegna la sua cabina e Pip dà voce a un altro monologo memorabile, di cui, in verità, Moby Dick è zeppo.
Forse è questa la vera differenza con Shakespeare. Il bardo tocca tutti i punti, dialogo a tre compreso e lì trovi memorabili battute.
A lui basta un cenno e subito parte il dramma. Qui invece grandi scambi non ve ne sono mai stati ma sempre questa sorta di "polifonia a voce sola".
Achab, ormai impazzito, rifiuta di aiutare il comandante della "Rachele" (ha perso un figlio proprio a causa di Moby Dick) e si tuffa in una sorta di meditazione negromantica, frutto malato dell'illuminazione prematura che ha subito.
Alla fine ormai non mancano che poche pagine.

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